Referendum, la Borsa va in anticipo
boom dei titoli delle energie alternative
Il mercato scommette sin dalla mattina sull'ottenimento del quorum: in una giornata di stallo dei listini, corrono Enel Green Power e le piccole società delle rinnovabili, ma anche le aziende del settore idroelettrico
di LUCA PAGNI MILANO - Anche la Borsa festeggia il risultato del referendum. In una giornata priva di spunti e con Piazza Affari che ha chiuso in sostanziale pareggio (-0,1% a fine giornata per l'indice principale), hanno brillato le società quotate attive nel settore delle energie rinnovabili.
Ma cosa ha portato gli operatori a comprare titoli della green economy? Di sicuro, non è stato l'improvvisa consapevolezza di una coscienza verde anche tra gli investitori professionali. Più che altro, si è trattato di una mossa speculativa azzeccata. Dando per scontato l'esito favorevole del referendum contro il nucleare, già questa mattina subito dopo l'apertura, gli operatori hanno cominciato a comprare azioni delle rinnovabili. Scommettendo, di fatto, sul raggiungimento del quorum.
Una scommessa azzeccata. Ne hanno beneficiato tutte le aziende che fanno di solare ed eolico la loro attività principale. A cominciare da Enel Green Power, la principale società del settore in cui l'ex monopolista elettrico ha raccolte tutte le attività nelle "energie verdi": a fine seduta i titoli hanno chiuso a + 1,41%, dopo essere saliti nel corso della giornata anche del 3 per cento. Del referendum hanno tratto beneficio anche società a capitalizzazione più modesta, alcune con guadagni a doppia cifra: Falck Renewables è salita dell'1,51 per cento, Alerion +3,16 per cento, TerniEnergia +3,31 per cento. ErgyCapital +14,24 per cento, Kr Energy +15,62 per cento, Eems +7,82 per cento, Kerself +14,04 per cento.
Ma il mercato ha premiato anche le società del settore elettrico che dispongono di impianti idroelettrici, come Edison (+3,57 per cento) e la controllante A2a (+1,63%). Più difficile, invece, interpretare gli orientamenti della Borsa nei confronti delle società attive nel settore idrico. Le due utility principali, l'emiliano-romagnola Hera e Iren (attiva in Liguria, Piemonte ed Emilia) sono prima calate, perdendo un paio di punti percentuali, salvo poi recuperare a fine seduta attorno alla parità. Spiegazione: il risultato sul nucleare è netto, quindi il governo dovrà spingere per forza di cose sulle rinnovabili, mentre quello che accadrà sull'idrico è ancora tutto da valutare. Soprattutto tenendo conto che utility come Hera e Iren, sono comunque controllate dai Comuni e quindi dal settore pubblico.
Infine, c'è da domandarsi come mai Enel, il principale sostenitore del rilancio del nucleare, ieri non sia sceso a Piazza Affari (ha chiuso a -0,13 per cento): semplicemente perché la Borsa ha sempre considerato che i possibili vantaggi sarebbero arrivati per Enel solo nei prossimi anni, non essendo ancora stati individuati i possibili siti dove realizzare le nuove centrali.
Nel complesso, la Borsa ha vissuto una giornata interlocutoria. Caratterizzata da un certo nervosismo, sulla scia delle perdite registrate da Wall Street e Tokyo. A penalizzare i mercati sono stati i timori sul rallentamento della ripresa economica globale e sulla situazione del debito sovrano dell'Eurozona. In finale, Londra è avanzata dello 0,13%, Francoforte sale dello 0,22% e Parigi dello 0,07%.
A Milano, i titoli bancari hanno sostenuto il listino. Sono rimbalzati i titoli finanziari che avevano perso di più la settimana scorsa: Banco Popolare +1,26 e Bpm +0,24 per cento. Segno negativo per Unicredit che cede lo 0,13 per cento e per Ubi Banca -0,19 per cento.
(REPUBBLICA.IT)